100 g di cocaina non sono fatto di “lieve entità”

Lieve entità dello spaccio

Sulla scia del ragionamento affrontato ieri l’avvocato Alexandro Maria Tirelli, esperto della normativa nazionale ed internazionale in tema di traffico di stupefacenti, torna sull’argomento della “lieve entità” del reato di spaccio di droga.

cocainaQuesta volta l’esame della questione prende il via da un ricorso per Cassazione proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello de L’Aquila contro la sentenza con la quale il Gip del Tribunale di Avezzano, in data 17 giugno 2013, ha applicato a E.A.M., ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni 1 e mesi 11 di reclusione e euro 3.000,00 di multa in relazione alla imputazione prevista e punita dall’art. 73, comma 1, dPR n. 309 del 1990, perché, in concorso con altri, deteneva, a fini di spaccio, gr 110 circa di cocaina, avendo riconosciuto in suo favore la ricorrenza della circostanza attenuante di cui al comma 5 del citato articolo di legge.
Ebbene il ricorrente sostiene  che nel caso di specie il Tribunale, ha riconosciuto la sussistenza della circostanza attenuante speciale di cui al comma 5 dell’art. 73 dPR n. 309 del 1990, in maniera immotivata, limitandosi ad affermare che il quantitativo non era da ritenersi elevato in considerazione dell’esito delle analisi svolte, nulla riferendo in ordine alla qualità ed alla purezza della cocaina, al numero delle dosi ricavabili, al contesto ed alle modalità della condotta del prevenuto.
Ciò, ad avviso del ricorrente, sottolineano gli avvocati di ILA (International Lawyers Associates) comporta la illegittimità del provvedimento preso, poiché, secondo un orientamento costante della giurisprudenza, in occasione della applicazione della pena su richiesta ( c.d. patteggiamento) il fatto, per essere inquadrato nella previsione di cui al co 5 dell’art. 73, deve necessariamente essere riconosciuto come privo di gravità.
Circostanza questa non ricorrente nel caso concreto, considerato il quantitativo notevole della sostanza stupefacente in argomento rinvenuta e l’assenza di altri elementi che potevano rendere meno pesante il reato contestato all’imputato.

Sentenza n. 16192/14

La Cassazione con sentenza n. 16192/14 ha affrontato la questione ed ha ritenuto fondato il rilievo mosso dal Procuratore generale con il ricorso.
Secondo la Suprema Corte la concessione dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5, del dPR n. 309 del 1990  può non essere motivata solo quando, in base all’imputazione il fatto risulti a prima vista di minima gravità, mentre il giudice deve adeguatamente motivare il proprio convincimento qualora – in assenza di altri dati significativi – la lieve entità del fatto non possa essere desunta a prima vista dalla quantità e qualità dello stupefacente, né dagli altri parametri normativi quali i mezzi utilizzati, le modalità e le circostanze dell’azione (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 12 aprile 2013, n. 16596; idem, Sezione IV penale, 28 gennaio 2013, n. 4217; idem, Sezione IV penale, 28 gennaio 2009,n.4104).
Nello specifico i giudici delle leggi chiariscono, evidenzia l’avvocato Alexandro Maria Tirelli, “come la motivazione scritta nella sentenza impugnata è del tutto insoddisfacente posto che, per un verso il quantitativo di droga rinvenuto è, in sé e per comune esperienza, tutt’altro che modesto (circa 100 gr di cocaina); per altro verso il dato che tale quantitativo fosse detenuto dal prevenuto in concorso con altre persone è circostanza del tutto irrilevante posto che non deve certamente farsi luogo alla suddivisione della intera quantità per il numero dei partecipanti al reato né avrebbe senso riferirsi, per alleggerire la gravità del fatto, ad un’ipotesi di uso di gruppo, sconsiderata  la destinazione della sostanza allo spaccio”.

A cura della redazione