Cassazione, una sentenza ora riapre le porte ai migranti che chiedono asilo

Mancato riconoscimento della richiesta di asilo

Una recentissima sentenza della Cassazione ( n.11312 del 2019) potrebbe dare il via ad una serie di ricorsi sul mancato riconoscimento della richiesta di asilo. Infatti secondo il pronunciamento della Suprema “per negarlo il giudice deve provare che nel Paese d’origine il richiedente non rischia la vita”.

La decisione destinata a fare discutere nasce dal caso concreto di un migrante pakistano che si è visto rifiutare la domanda di asilo, e che ora dopo l’impugnazione del provvedimento davanti alla Corte di Cassazione potrà restare ancora in Italia.

Di fatto dietro questa storia che si è consumata al tribunale di Lecce, secondo l’avvocato Alexandro Maria Tirelli, specializzato in diritto dell’immigrazione “potrebbe nascondersi un precedente giuridico che può avere conseguenze anche sulla gestione dei flussi migratori”.

Ma cosa è successo nel concreto?

Il pakistano in questione aveva dovuto rinunciare all’asilo perché secondo il Tribunale di Lecce non c’erano seri rischi per la sua vita nel Paese d’origine, il Pakistan.

Questo verdetto è stato però completamente ribaltato dalla Cassazione. Infatti secondo la Suprema Corte, i giudici non possono verificare i rischi che corre il richiedente asilo tenendo conto di generiche “fonti internazionali” che attestano l’assenza di conflitti nel Paese di origine. La Cassazione in tal modo prende le distanze dal Tribunale che, al contrario prima di respingere la richiesta di asilo politico, avrebbe dovuto ottenere “informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente asilo”.

Monito rivolto dalla Suprema Corte ai giudici

migrantiDa questa premessa di ragionamento, sottolineano gli avvocati del team di ILA ( International Lawyers Associates) parte il monito rivolto dalla Suprema Corte ai giudici: “Il giudice è tenuto a un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del Paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate”. Adesso il caso del pakistano dovrà essere nuovamente esaminato. Ma il verdetto della Cassazione rischia di cambiare totalmente volto alle procedure per il riconoscimento delle richieste di asilo. E “rischia”, chiosa l’avvocato Alexandro Maria Tirelli di spalancare le porte ad una valanga di ricorsi.

A cura della redazione di ILA