Esecuzione all’estero della sentenza Italiana

Esecuzione della sentenza Italiana all’estero da cosa dipende

La disciplina relativa l’esecuzione della sentenza Italiana all’estero trova la sua collocazione codicistica negli artt. 742 – 746 cpp. Parallelamente alla disciplina codicistica, operano anche fonti esterne riconducibili agli artt. 5 – 7 della L. 257/1989, ratificate dalla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, dal trattato tra Italia e Thailandia, nonché dalla decisione quadro 2008/909/GAI.

L’esecuzione della sentenza Italiana all’estero può dipendere da due ipotesi:

  • La prima, dipende dal fatto se il condannato stia già scontando una pena sul territorio Italiano, e si reputi opportuna l’esecuzione all’estero.
  • La seconda, si riferisce al caso in cui il condannato sia all’estero, e sia impossibile ottenere la consegna.

In queste due ipotesi, in deroga all’art. 742 cpp, prescinde dal consenso del condannato e l’esecuzione all’estero. Infatti, il codice prevede che, ai fini dell’esecuzione della sentenza Italiana all’estero questa, oltre ad essere irrevocabile (a norma dell’art. 648 cpp), debba essere sottoposta al consenso del condannato.

Infatti, nell’art. 743 co 3 cpp, viene introdotta la disciplina relativa alle modalità di espressione del consenso distinguendo, inoltre, se il condannato si trovi in Italia o all’estero. Orbene, nell’ipotesi in cui il condannato si trovi in Italia, il soggetto deve essere presentato davanti all’autorità giudiziaria Italiana. Mentre nel caso in cui il condannato si trovi all’estero, il consenso può essere prestato innanzi all’autorità consolare Italiana, ovvero davanti all’autorità giudiziaria estera.

A norma dell’art. 205 bis disp. att. cpp. Una volta che il consenso è stato espresso nell’ambito di una procedura di cooperazione giudiziaria, questo diventa irrevocabile.

Un limite, all’esecuzione della sentenza Italiana all’estero è dettato dall’art. 744 cpp, in virtù del quale viene vietato sia al ministro che alla Corte di Appello l’esecuzione della sentenza qualora si abbia “motivo di ritenere che il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, religione, di sesso, di nazione, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali”.