Italia-Hong Kong, accordi bilaterali su giustizia e finanza

Investire a Hong Kong conviene, soprattutto per le società di capitali italiane che producono utili.

I fattori di rischio penale, amministrativo e finanziario rispondono a un regime fiscale molto flessibile e che interessa esclusivamente il reddito prodotto all’interno del territorio. “L’ordinamento giudiziario dell’ex colonia britannica – spiega l’avvocato penalista Alexandro Maria Tirelli, esperto di diritto internazionale – è regolato dal common law secondo il principio del “doppio sistema cinese” (la trattativa tra Cina e Regno Unito che condusse nel 1979 al ritorno di Hong Kong sotto la sovranità cinese) determinando assetti istituzionali ed economici più moderni e liberali rispetto alla Cina stessa.
L’aliquota del 16.50% (e cioè circa 10 punti percentuali in meno di quella italiana al momento) conferma un trend positivo sui dati degli interscambi commerciali e induce a riflessioni incoraggianti, infatti il sistema fiscale non tassa plusvalenze da alienazione e dividendi e i redditi provenienti al di fuori del territorio non sono assoggettabili alla Hong Kong Profits Tax, anche perché non esiste attualmente una regolamentazione che inquadri i principi base per la determinazione della fonte dei redditi”. A questo si aggiunge un’ampia rete di trattati riveduti e corretti soprattutto con i maggiori partner mondiali (Italia compresa).

Accordi commerciali Italia-Cina

Che il nostro Paese sia un attore commerciale dalle grandi potenzialità lo dimostrano i dati di incremento delle esportazioni italiane, che stazionano – secondo Asian Tax Advisory – sull’8,15%, per un valore di 7,7 miliardi di dollari. Infatti l’Italia si piazza ancora al quarto posto dopo Londra, Berlino e Parigi, addirittura al terzo come esportatore seguendo Gran Bretagna e Germania. Da parte sua, Hong Kong si conferma il terzo partner commerciale dell’Italia in Asia, dopo Cina e Giappone. Secondo i dati Istat, tra i principali settori interessati vola l’export italiano nell’abbigliamento (+8,7%), l’artigianato (+14,6%), le calzature (+13,5%), la pelletteria, gli articoli e l’abbigliamento in pelle (+7,6%), gli alimentari e il vino (+19%) e i prodotti cosmetici (+12,4%).