Sgominata la gang dei carabinieri-pusher “Rivendevano la droga sequestrata”

Carabinieri che arrestano carabinieri

Con capi d’imputazione gravissimi: associazione a delinquere finalizzata allo spaccio e peculato, per aver sottratto la droga dall’ufficio “corpo di reati” della caserma.

L’inchiesta che ha portato alla cattura di quattro sottufficiali della V sezione del nucleo investigativo di via In Selci, il santa sanctorum delle investigazioni capitoline, è partita da un’indagine su un gruppo di albanesi che importava grossi quantitativi di hashish a Roma. Un telefono intercettato ha svelato un intreccio meschino e avido tra “buoni” e cattivi, dove i buoni — il maresciallo Massimiliano Marrone, il brigadiere capo Claudio Santarelli, e gli appuntati scelti Brunello Sepe e Antonio De Cristofari — si sono trasformati in piccoli boss del narcotraffico romano.

Con guadagni mai al di sotto dei 25mila euro a colpo. Sono in tutto venti gli episodi che li incastrano da gennaio fino a novembre del 2015. Poi sono stati allontanati da via In Selci, con la scusa di necessità di avvicendamenti, in reparti non operativi, mentre i colleghi della sezione accanto, finivano di compilare i verbali che li riguardavano. Disgustati e provati per aver condiviso caffè, pranzi e soddisfazioni per operazione andate in porto con “infedeli”, sulla cui colpevolezza né il pubblico ministero, Barbara Zuin, né il giudice indagini preliminari, Valerio Savio, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, hanno dubbi. E, del resto, a scorrere le 228 pagine con cui sono stati incastrati i 4 carabinieri e 5 complici le prove sembrano essere tante.

L’organizzazione

In sintesi, l’organizzazione funzionava così: gli investigatori usavano i loro confidenti per ottenere informazioni su spacciatori che avessero tanti soldi e tanta droga, poi scattava il blitz a casa del soggetto indicato e si camuffavano i verbali. L’arresto, piccoli quantitativi di droga e qualche banconota da 100 euro sul verbale e il resto “sequestrato” dalla gang dei carabinieri. Hashish, marijuana e cocaina rivenduta poi alle stesse fonti confidenziali da reimmettere nel mercato capitolino e stecca per tutti. Oltre ai 4 investigatori anche altre 5 persone — Alessandro e Franco Benedetti, Dario Chicca, Adriano Xhafas e Francesco Impei — sono state arrestate ieri. Si tratta di piccoli pusher che, in cambio di soffiate su altri pregiudicati, avevano il loro guadagno lavorando insieme alle “mele marce” dell’arma. Altri sei sono solo denunciati e indagati per gli stessi reati.

«E’ una vicenda molto dolorosa — dichiara il generale Salvatore Luongo, comandante del Provinciale, che ha dato mandato ai suoi uomini di indagare sugli infedeli —. Però non intacca la tenuta degli organi investigativi. E’ stata fatta pulizia nell’Arma dall’Arma stessa».

L’amaro in bocca di un generale che, prima di arrivare alla guida del Provinciale di Roma, ha smantellato a Milano la ‘ndrangheta infiltrata ovunque, lascia il posto alla fierezza di aver comunque stanato gli infedeli. E’ lo stesso procuratore aggiunto della Dda, Michele Prestipino a riconoscere la grandezza dell’operazione e la serietà con cui è stata portata a dama una complicata inchiesta. «Tengo a sottolineare la correttezza e la grande capacità investigativa di chi ha portato a termine questo lavoro. Laddove c’è trasparenza e serietà non vi è possibilità che le mele marce intacchino il lavoro della maggioranza», ha detto il numero uno dell’Antimafia.

Tutto comincia il 15 gennaio del 2015 quando, a casa di un noto spacciatore tedesco, indicato da Adriano detto l’Albanese, scatta il blitz dei 4 carabinieri. Impei chiama l’Albanese e gli racconta della sua partecipazione al blitz insieme al “cugino” ovvero il maresciallo Marrone.

Sequestrano droga e 8000 euro in contanti in uno zainetto che sparisce da casa del pregiudicato di via Ceneselli a Dragona, ma anche dal verbale.

«Domani mattina mi cugino me dà tutto e se vedemo io e te». Adriano è compiaciuto di incassare 300 euro per la soffiata. Gli episodi si intensificano e il copione è sempre lo stesso: soffiata, blitz e doppio sequestro, quello ufficiale e quello per la gang. Il 24 maggio arraffano due chili di hashish e 43mila euro in contanti, agli atti risulta solo mezzo chilo di fumo. Idem il 24 aprile, il 10, il 15, il 16 e il 26 giugno, il 6 agosto, il 10, il 18 e il 25 settembre, il 20 ottobre, il 3 novembre.

E così ieri mattina i 4 militari sono stati ammanettati e trasferiti nel carcere di Rebibbia e in quello militare di Santa Maria Capua Vetere.

FONTE: Repubblica