Spaccio di droga, la lieve entità del reato non dipende dalla quantità

La terza corte di cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la sentenza della corte di appello nei confronti di un pusher napoletano, condannato a 4 anni e mezzo e che ha proposto ricorso in cassazione considerando di lieve entità il presunto danno sociale e quindi il computo considerato alto della pena.

La quantità e la qualità, la differenza di sostanze stupefacenti, gli strumenti per la confezione della droga.

Alexandro Maria Tirelli, avvocato penalista esperto internazionalista in materia di narcotraffico, si è occupato spesso di vicende giudiziarie legate alle grandi organizzazioni del narcotraffico internazionale. La sentenza depositata lo scorso 9 novembre 2018 (n. 51063) apre però una questione dibattimentale che riguarda anche il piccolo spaccio e l’interpretazione della legge italiana sulle detenzione di sostanze stupefacenti. L’elemento interessante – secondo Tirelli – è la questione di diritto sul pronunciamento rimesso alle sezioni unite e cioè se anche in questo caso la diversità di sostanze stupefacenti, a prescindere dal dato quantitativo, osti alla configurabilità dell’ipotesi di lieve entità di cui all’articolo 73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990* e, in caso negativo, se tale reato possa concorrere con la fattispecie previste ai commi 1 e 4 del medesimo articolo di legge (detenzione ai fini di spaccio).

La sentenza di primo grado aveva escluso la configurabilità dell’ipotesi di lieve entità, evidenziando una forma di organizzazione seppur rudimentale di spaccio, visto che agli atti dell’ordinanza di sequestro erano elencati strumenti come bilancini, bustine di plastica trasparente e spillette per confezionare le dosi (un quantitativo di mezzo chilo tra hascisc e marijuana e un’esigua quantità di cocaina). Inoltre la terza sezione aveva individuato – nel verbale di arresto – la circostanza secondo cui il soggetto operava la sua presunta attività di spaccio all’esterno di un bar. La difesa, tuttavia, impugnava la sentenza di primo e secondo grado valutando la qualità della sostanza stupefacente e la quantità delle tre tipologie di droga: come detto hascisc, marijuana e in piccolissime dosi anche alcune bustine di cocaina per un peso di circa nove grammi. Il teorema difensivo puntava a differenziare i reati: un conto è lo spaccio di sostanze stupefacenti di tipo “leggero”, configurando dunque la lieve entità del danno sociale, trattandosi, per l’appunto, di sostanze di minor invasività per la salute dei clienti, chiedendo dunque un calcolo della pena decisamente inferiore a quella inferta. narcotraffico dosi drogaNella discussione – rimessa, come detto, alle Sezioni Unite – si evidenziavano inoltre le varie modifiche succedutesi in questi anni sul testo unico sulla legge antidroga (articolo 73 comma 5, dpr .309 del 1990*), nascevano infatti due tipi di visioni interpretative, generando un contrasto interpretativo contestato dalla difesa in fase di ricorso in cassazione: “nel caso di detenzione di sostanze di differente tipologia – si legge nella a prescindere dal dato quantitativo, trattandosi di condotta indicativa alla capacità dell’agente di procurarsi sostanze tra loro eterogenee e per ciò stesso, di rifornire assuntori di stupefacenti di diversa natura, così da recare un danno tenue al bene della salute pubblica tutelata dalla norma incriminatrice. Un secondo e più recente indirizzo sostiene invece che in caso di detenzione di quantità non rilevanti di sostanza stupefacente, alla diversa tipologia della sostanza non può di per sé costituire ragione sufficiente ad escludere l’ipotesi di lieve entità, qualora la peculiarità del caso concreto siano indicatore di una complessità minore portata all’attività dello spacciatore. La Terza sezione osservava inoltre – si legge ancora – che la detenzione di una seppur modica quantità di cocaina rappresentava agli atti la violazione più grave, indipendentemente dalla quantità delle altre sostanze.”. Le sezioni unite, alla fine, hanno respinto il ricorso della difesa e da qui il pronunciamento secondo cui in materia di detenzione di droga ai fini di spaccio la lieve entità del danno non ha alcun fondamento. In caso di detenzione di sostanze stupefacenti di diverso tipo e taglio, di strumenti atti al confezionamento delle dosi e la presenza di un luogo fisico (un bar) dove il soggetto riforniva la clientela e quindi cagionando un danno sociale piuttosto consistente”.

  • “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329”.