Sposarsi su Skype è possibile. Lo ha stabilito la prima sezione civile della Corte di Cassazione

Matrimonio per procura

La singolare pronuncia nasce dal rifiuto opposto dall’Ufficiale dello Stato civile del Comune di San Giovanni in Persiceto, nel Bolognese, di trascrivere l’atto di matrimonio tra un uomo pakistano e una donna che aveva partecipato alla celebrazione in collegamento Skype. Ne nasce un contraddittorio con il ministero dell’interno e il comune, ma  sia il tribunale di Bologna che la Corte d’appello ritenevano il matrimonio validamente celebrato secondo le modalità e nelle forme previste dalla legge pakistana e, quindi, anche per l’ordinamento italiano, indipendentemente dalla modalità con la quale era stato celebrato, e in ogni caso alla presenza dello sposo e dei suoi testimoni. Pertanto, il rifiuto di trascriverlo da parte dell’ufficiale di stato civile era illegittimo, non sussistendo alcuna violazione dell’ordine pubblico internazionale «atteso che la contestuale presenza dei nubendi dinanzi all’autorità officiante, a norma dell’art. 107 c.c., non costituisce un principio irrinunciabile per la stessa legge italiana», essendo irrinunciabile il solo principio – rispettato nella fattispecie, anche se “a distanza” – della libera, genuina e consapevole espressione del consenso alla formazione del vincolo matrimoniale.

La tesi del Viminale sul caso

matrimonio-procura-onlinePiù in particolare, nell’unico motivo di ricorso il Ministero dell’Interno denunciava la violazione o falsa applicazione degli artt. 16 e 65 del d.lgs. 31 maggio 1995, n. 218 e 18 del dPR 3 novembre 2000, n. 396 per l’accoglimento di una richiesta di riconoscimento di un atto matrimoniale contrario all’ordine pubblico italiano – inteso come «nucleo essenziale delle regole inderogabili e immanenti all’istituto matrimoniale» – in una situazione in cui, per le modalità in cui il matrimonio era stato celebrato, senza la presenza fisica dei nubendi e grazie all’ausilio del mezzo di comunicazione via Internet, non vi era alcuna garanzia che i nubendi avessero espresso liberamente e reciprocamente un consenso consapevole.

La Corte di Cassazione rigetta le ragioni del Ministero dell’interno sul matrimonio per procura

La massima pronunciata dai giudici di Cassazione ritiene dunque che «il matrimonio celebrato all’estero è valido nel nostro ordinamento, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione, o dalla legge nazionale di almeno uno dei nubendi al momento della celebrazione, o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento». Pertanto, l’unione celebrata validamente secondo le leggi del Pakistan è da ritenersi valida per l’ordinamento italiano, non ostandovi alcun principio di ordine pubblico.