Il Selfie Pedopornografico: “l’abuso tecnologico” e l’insufficienza giuridica della tutela del minore

Il “sexting”

Selfie PedopornograficoOggi continuiamo il nostro esame dell’art.600 ter del C.P. avendo riguardo ad un fenomeno molto diffuso tra i giovani attraverso l’utilizzazione delle rete mobile e degli smartphone: il c.d “sexting” e cioè l’autoproduzione di materiale pedopornografico da parte dei minori.

Ebbene, la Suprema Corte con una recente pronuncia (Sezione III, sentenza 21 marzo 2016 n. 11675) ha sottolineato la necessità che alla cessione di materiale pedopornografico sia presupposto che il materiale pedopornografico sia stato realizzato utilizzando il minore, in altri termini si chiede l’impiego strumentale del medesimo. La Corte dunque considera materiale pedopornografico ai sensi dell’art. 600 ter c.p. in via esclusiva quello alla cui origine vi è l’utilizzo di un minore. Alla luce di tali considerazioni, “a contrario”, i giudici di legittimità escludono la configurabilità del reato di cessione di materiale pedopornografico, ex art. 600 ter comma 4 c.p., allorché l’immagine sia stata prodotta in modo autonomo, volontario e consapevole dallo stesso minore raffigurato. Il Supremo collegio nella sentenza in commento sottolinea che l’autore della condotta debba essere “soggetto altro e diverso rispetto al minore da lui utilizzato”, non essendo rilevante il fine che anima il soggetto attivo della condotta tanto meno l’eventuale consenso prestato dal minore. La Corte evidenzia inoltre che “alterità e diversità […] non potranno ravvisarsi qualora il materiale medesimo sia realizzato dallo stesso minore – in modo autonomo, consapevole”. In estrema sintesi si eleva ad elemento costitutivo del reato il requisito dell’alterità tra il soggetto che realizza il materiale pornografico ed il minore utilizzato.

L’opinione dell’avv. Alexandro Maria Tirelli

sextingL’avvocato Alexandro Maria Tirelli ha in più occasioni avuto modo di intervenire sull’argomento sottolineando come l’orientamento della Suprema Corte sia inadeguato in rapporto alle attuali esigenze di tutela dei minori. Invero, ha affermato, l’esponente di ILA (International Lawyers Associates) : “è sempre più diffusa tra gli adolescenti la prassi di utilizzare i mezzi di comunicazione virtuali non solo per comunicare bensì quale modalità di approccio alla sfera sessuale. Il minore produce lui stesso immagini a contenuto erotico e, in seguito, le invia a suoi coetanei integrando quello che viene definito il fenomeno di sexting”. In altri termini, il minore si autoscatta delle immagini che presentano gli elementi idonei per essere definiti pornografia minorile ai sensi dell’art 600 ter comma 7 c.p.. Per questo motivo, a parere degli avvocati di ILA, l’interpretazione letterale adottata dalla Corte, non coglie fino in fondo le esigenze di tutela dell’attuale contesto storico, infatti il materiale pedopornografico prodotto con le suesposte modalità è pericoloso in quanto potrebbe sfuggire al controllo dei suoi creatori. “In circostanze analoghe a quelle ad oggetto sarebbe dunque  opportuno ed auspicabile, in attesa di un intervento più puntuale del legislatore, adottare interpretazioni meno rigide che considerino, oltre al criterio letterale e teleologico, il pericolo di espansione di detto fenomeno culturale e che permettano di dare risposte sanzionatorie adeguate al fine di contrastare tali condotte.

La redazione di ILA