Paradisi fiscali e società offshore, la cassazione sul caso tucci-bisignani: “non fu autoriciclaggio”

Il fatto

Per la definizione della gamma dei soggetti attivi nei reati di riciclaggio e autoriciclaggio di beni di provenienza illecita, la Corte di Cassazione ha preso in esame – con sentenza depositata il 18 aprile 2018 – un caso di interesse pubblico e nazionale che ci permette di chiarire alcuni orientamenti ancora incerti e dibattuti. L’aspetto penalmente rilevante della nostra analisi riguarda però la differenza e l’interpretazione dei due reati.

caso tucci-bisignaniIl caso riguarda la figura della commercialista napoletana Stefania Tucci, ex moglie del ministro socialista Gianni De Michelis (pluriministro nei governi Psi degli anni ’80 e ’90), accusata di aver riciclato quattro miliardi di vecchie lire in favore del faccendiere milanese Luigi Bisignani. A suo carico furono individuate una serie di operazioni di rientro di capitali e di schermature societarie per le quali la professionista incassò un compenso di 350mila euro. I soldi rientrati in Italia con lo scudo fiscale permisero a Bisignani l’acquisto di un immobile di pregio in via Trionfale a Roma. I quattro miliardi dei quali Bisignani si era appropriato, come stabilito dalla magistratura di Milano, provenivano dalla ‘riserva Bonifaci’ – ricorda la Cassazione – che custodiva venti miliardi della maxi tangente Enimont da circa 150 miliardi.

Il parere della Corte d’Appello

La Corte d’Appello di Napoli dopo aver confermato la sentenza di primo grado (cinque anni di reclusione dal Tribunale di Napoli il 24 ottobre 2013) dichiarò il non doversi procedere solo in ordine al reato associativo perché estinto per prescrizione, rideterminato le pene in termini più favorevoli (tre anni) anche in considerazione della ritenuta prevalenza (e non equivalenza) delle riconosciute circostanze attenuanti. L’imputata propose ricorso per cassazione, deducendo l’inconsapevolezza sulla provenienza illecita di denaro contestata nei due gradi di giudizio e per la non punibilità delle condotte – determinanti, come vedremo – sull’utilizzo del denaro a fini personali che Luigi Bisignani, avvalendosi dello scudo fiscale,  sfruttò per l’acquisto della Antey s.r.l. (società della famiglia Salini che aveva la proprietà dei quattro appartamenti di via Trionfale a Roma), cedendo poi le quote alla società belga Codepamo successivamente riacquistate tramite mandato fiduciario alla Melior Trust, consentendo così al potente faccendiere il definitivo acquisto del complesso immobiliare».

La Corte d’Appello evidenziò «l’incongruenza tra il flusso dei ricavi conseguiti e dichiarati ed il complesso delle risorse mobilitate dallo stesso Bisignani, che non fu in grado (nel processo di Milano) di dimostrare la provenienza delle somme detenute all’estero dalla sua attività professionale”. Bisignani e la Tucci, scrissero i giudici della Corte d’Appello «erano in rapporti di amicizia sin dall’inizio degli anni ’90 (e, negli anni in esame, anche legati da una relazione sentimentale) con l’imputata perfettamente a conoscenza dell’oggetto e dell’esito del processo di Milano (e, dunque, della acclarata appropriazione indebita dei soldi da parte di Bisignani)»

La Corte di Appello, ed in precedenza il Tribunale, hanno osservato che la Tucci ha allestito negli anni un complesso intreccio di relazioni commerciali, societarie e finanziare anche tra società residenti in Italia ed all’estero, che non avevano alcuna plausibile ragione se non quella di far disperdere le tracce della provenienza delle somme.

L’opinione dell’Avv. Alexandro Maria Tirelli

“Sulla condotta plurisoggettiva dell’autoriciclaggio – rileva Alexandro Maria Tirelli, avvocato esperto in diritto penale internazionale e in processi per bancarotta, estradizione, mandato di arresto europeo, riciclaggio, autoriciclaggio, organizzazioni criminali nazionali e transnazionali – la risposta della Cassazione riguarda la differenziazione dei titoli di reato: l’autore o concorrente nel delitto presupposto risponderà di autoriciclaggio; nei confronti del terzo – in questo caso la Tucci – a cui sono affidati i proventi e che provvede a destinarli ad attività economiche troverà applicazione invece la previsione di cui all’art. 648 bis c.p. (riciclaggio)”.

Infatti la Corte di Cassazione – confermando la condanna a tre anni di reclusione – ha ritenuto insussistente il ricorso della difesa, confermando il ruolo di riciclaggio (e non di autoriciclaggio) a carico dell’imputato.