Cass. Penale n. 24795 del 09.05.2018

Le questioni processuali inerenti la competenza e la giurisdizione penale italiana sono da sempre oggetto di un grosso dibattito sia giurisprudenziale sia dottrinale.

A rendere ancora più interessante e complesso il quadro giuridico intorno alle suddette questioni, poi, è la circostanza che nel caso della sentenza in commento, la Suprema Corte di Cassazione affronti anche il caso del “ne bis in idem internazionale”.

Nella sentenza n. 24795 del 09.05.2018, la prima sezione della Corte di Cassazione affronta un tema piuttosto insolito e spinoso. In particolare, i Giudici di legittimità sono chiamati a rispondere se un oggetto straniero già giudicato all’estero per delitti politici commessi in danno di cittadini extraeuropei possa essere nuovamente giudicato in Italia.

L’oggetto della questione mostra in se la sua particolare complessità e la sua importanza sul piano processual-penalistico italiano ed internazionale.

La Suprema Corte di Cassazione, con una condivisibile statuizione, ha sentenziato che :” L’imputato straniero resosi responsabile di un delitto politico commesso in danno di cittadini in un Paese extraeuropeo può essere tratto a giudizio dinanzi all’autorità giudiziaria italiana anche qualora, per lo stesso fatto, sia già stato giudicato all’estero, non vigendo, salve le specifiche previsioni di cui all’art. 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 21 novembre 1990, il principio del “ne bis in idem” internazionale

In motivazione la Suprema Corte ha anche specificato anche l’ iter procedurale a cui il Ministero di Giustizia deve necessariamente fare riferimento.

In primo luogo, è necessario che il Ministro della Giustizia formuli la richiesta di rinnovamento del giudizio nel territorio italiano ai sensi dell’art. 11 co.II  c.p..

La suddetta richiesta, inoltre, non è preclusa anche nel caso in cui la stessa sia stata preceduta da una richiesta di riconoscimento della sentenza straniera ex art. 12 co.II c.p.